Tatiana Bucci aveva sei anni e sua sorella Andra quattro, quando i fascisti e i nazisti le catturarono nella casa di Fiume, che allora era italiana, per portarle al campo di Auschwitz-Birkenau in Polonia. Le piccole fecero una tappa intermedia alla Risiera di San Sabba. Figlie di un papà cattolico e di una madre ebrea, sono riuscite a sopravvivere perché sono state scambiate per gemelle. Una fatalità che ha portato a Tatiana e Andra fortuna, altrimenti anche loro avrebbero potuto diventare cavie del terribile dottor Joseph Mengele. Per chi non lo sapesse, quest’ultimo era noto per i suoi crudeli esperimenti di eugenetica che svolse indisturbato ad Auschwitz. Si era laureato in Antropologia all’Università Ludwig Maximilian di Monaco e in Medicina all’Università Goethe di Francoforte. Mengele, che sopravvisse alla caduta del regime nazista riuscendo a sfuggire al processo di Norimberga, rifugiandosi nel ’49 in Sudamerica, pare fosse ossessionato proprio dai gemelli.
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La storia di Tatiana e Andra, le sorelle Bucci sopravvissute ad Auschwitz
Oggi le due sorelle hanno i capelli bianchi: Tatiana vive in Belgio con il marito, mentre Andra abita in California, con le figlie. Per anni però, in occasione della Giornata della Memoria sono sempre tornate ad Auschwitz, nella baracca dove hanno vissuto dal 4 aprile 1944 al 27 gennaio 1945. Ricordano ogni cosa di quei terribili giorni: «Quella sera del 28 marzo del 1944 non la dimenticheremo mai. Eravamo già a letto, erano da poco passate le nove. Mamma Miravenne in camera, ci svegliò e ci vestì in fretta. Quando entrammo in soggiorno, c’erano molte persone, una di loro con un cappotto di pelle lungo. Nonna Rosa, inginocchiata davanti a questo uomo, lo imploravadi lasciare a casa almeno noi bambini. L’ultimo ricordo è la luce della nostra abitazione. Poi siamo uscite al buio e ci hanno caricati su un blindato», ha raccontato a «Focus» Tatiana. Una vicenda dolorosa, ogni istante della deportazione è scolpito nel loro cuore: «Dovevamo stare in piedi per mancanza di spazio. In un angolo c’era un secchio che serviva per i nostri bisogni fisiologici», ha spiegato sempre Tatiana. Dai fori delle assi di quel treno, «La mamma fece scivolare un biglietto di carta; un ferroviere lo raccolse e lo consegnò a un carabiniere, che lo fece avere alla famiglia di mio padre. Così seppero che eravamo stati presi», ha aggiunto.

Chi sono le sorelle Bucci: fortunate perché scambiate per gemelle dal terribile dottor Mengele
Tatiana, Andra, il cugino Sergio (mai più tornato a casa), la nonna, la zia e la mamma finirono ad Auschwitz – Birkenau. Il papà, invece, era già prigioniero in Sud Africa. Una volta arrivati al campo di concentramento, i Bucci furono tutti separati. La nonna purtroppo venne uccisa la sera stessa. Mamma e zia finirono in una baracca poco distante dalle due bambine, nonostante questo però poche volte riuscirono a far loro visita, tanto era estenuante la vita ad Auschwitz. Ad Andra fu tatuato il numero 76483, a Tatiana il 76484. «Giravamo con vestiti più grandi delle nostre taglie e scarpe senza calze. Non avevamo sciarpe e cappelli. Non ricordo l’estate passata ad Auschwitz-Birkenau, ma solo l’inverno. E non ci rendevamo conto di quello che ci stava accadendo. Ricordo che giocavamo a palle di neve. Vedevamo tutti i giorni gli scheletri, ma la morte per un bambino di sei anni non è così terribile come per un ragazzo di dieci. Ci ricordiamo perfettamente il camino da cui uscivano fumo e fiamme. Sapevamo che cos’era, ma solo ora mi sconvolge l’idea», ha confidato Tatiana.

Tatiana e Andra sopravvissute ad Auschwitz: alla loro storia è legata quella del cuginetto Sergio
Un inferno a cielo aperto: le sorelle Bucci non possono dimenticare la cattiveria delle addette alla sorveglianza della baracca, ma neppure alcuni spiragli di gentilezza, come quando un soldato regalò loro dei biscotti o quando una blokova donò a entrambe una maglietta: «Forse anche quelle ci hanno aiutato a non ammalarci». La loro storia è legata a quella del cuginetto Sergio, il cui nome appare in un raro referto medico datato 14 maggio 1944 e firmato dal dottor Josef Mengele, che riferisce di una visita che gli fecero alla gola. Si tratta di un importantissimo documento perché conferma la presenza dei “bambini di Bullenhuser Damm” nel campo di Birkenau. Il piccolo fu vinto dall’inganno perpetrato dal medico una fredda mattina di novembre del 1944, quando entrò nella baracca dei bambini di Birkenau e disse: “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti”. Sergio fece quel passo in avanti insieme ad altri diciannove bambini. Tutti furono trasferiti al campo di concentramento di Neuengamme, vicino ad Amburgo, usati come cavie di laboratorio. Secondo i documenti sarebbe stato iniettato loro il virus della tubercolosi. Poi una sorte terribile: i bimbi furono tutti assassinati con la morfina e appesi a ganci di macellai nei sotterranei della scuola di Bullenhuser Damm. “Se non avesse fatto quel passo in avanti…” forse non sarebbe finito in quel campo alle porte di Amburgo.

Dopo la liberazione, Tatiana e Andra furono portate in un orfanotrofio a Praga e poi in Inghilterra
Dopo la liberazione, Tatiana e Andra sono state portate in un orfanotrofio a Praga e poi in Inghilterra, dove ripresero a vivere: «Sapevamo solo il nostro nome e cognome perché mamma, quando eravamo nel campo, ce lo faceva ripetere spesso. Avevamo dimenticato l’italiano: conoscevamo il tedesco e il ceco. Quando mamma seppe che eravamo in Inghilterra, rimase incredula: per capire se eravamo davvero noi, si ricordò che quando papà non c’era, ogni sera, ci mostrava una foto di loro due insieme che baciavamo per dar loro la buonanotte. La spedì in Inghilterra, ce la mostrarono e subito li riconoscemmo». Essere uscite vive da Auschwitz è un triste peso con cui le due hanno fatto (e fanno) i conti ogni singolo giorno: “L’unica fortuna che abbiamo avuto è stata quella di stare unite. Un legame che ci ha dato la forza per sopravvivere. Essere piccole in quella follia è stato anche un bene, perché le molte cose che sono successe sono state semplicemente rimosse da noi. Anche una volta tornate a casa assieme alla mamma, non abbiamo mai parlato della vita nel campo o di quello che ci è accaduto. Era quasi come un tabù da evitare, anche perché nostra madre voleva cancellarlo a tutti costi. Va detto inoltre che subito dopo la guerra, molti dei sopravvissuti spesso esitavano a raccontare ciò che accadeva nei campi, perché non venivano creduti”.

Dalla loro storia il film “La stella di Andra e Tati”
La Rai ha prodotto un cartone animato,il primo mai realizzato in Italia e in Europa sul tema, “La stella di Andra e Tati”, diretto da Rosalba Vitellaro e Alessandro Belli, che narra proprio la deportazione, la vita nel campo e infine la liberazione delle sorelle Bucci. A seguire, nel 2019, ne è venuto fuori anche un libro, edito da De Agostini. Alle sorti invece del cuginetto delle due è dedicato un altro prezioso volume per ragazzi, pubblicato da Rizzoli, dal titolo “La Storia di Sergio”. “I bambini e gli adolescenti sono davvero sensibili. Anni fa siamo state in un asilo a Torino e i bambini avevano preparato una bellissima recita con un album di fotografie che conserviamo ancora”, hanno raccontato le sorelle Bucci, che hanno firmato per la Giornata della Memoria 2025 un’edizione speciale de “La Stampa”.
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