Quando ci si accosta ad una figura come Liliana Segre si fa sempre un po’ fatica, quasi involontariamente si prova una profonda soggezione. Perché lei, con la sua storia, ci riporta al dramma della Shoah. Il 27 gennaio del 1945 furono abbattuti i cancelli del lager di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa e si spalancarono gli occhi sugli orrori dell’Olocausto. Tra le scritte trovate sui muri una, che forse più di qualunque altra può racchiudere quell’inferno a cielo aperto: «Se Dio esiste, dovrà chiedermi perdono». Ripercorriamo insieme la storia di Liliana Segre: l’infanzia, la deportazione, gli anni del silenzio e l’impegno per sensibilizzare le nuove generazioni contro l’odio e l’indifferenza.
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Liliana Segre, la vera storia della senatrice deportata ad Auschwitz
Liliana Segre nasce a Milano il 10 settembre del 1930. È un’antifascista, politica italiana e testimone attiva della Shoah. Cresciuta in una famiglia laica di ascendenza ebraica, dal 1938 ha subito i soprusi delle leggi razziali fasciste. All’età di tredici anni venne arrestata e deportata al campo di concentramento di Auschwitz, dal quale fece ritorno alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo un lungo periodo di riflessione, negli anni novanta la Segre cominciò a parlare pubblicamente di quanto aveva vissuto sulla sua pelle. Il 19 gennaio 2018 è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella «per avere illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale». Dal 15 aprile 2021 è presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.

Chi è Liliana Segre: l’infanzia, le leggi razziali e la deportazione
Quando le leggi razziali irruppero prepotentemente nella sua vita Liliana Segre era una bambina di soli tredici anni, orfana di madre fin dall’età di un anno, e tuttavia felice, proprio perché amata profondamente da un padre, che ne aveva fatto la sua ragione di vita. Assieme a loro, a Milano, in corso Magenta, abitavano anche i due nonni paterni, con i quali la senatrice aveva un legame speciale. I biografi riferiscono che la piccola Liliana conduceva un’esistenza agiata: frequentavano l’Ippodromo di San Siro, la domenica pranzavano con gli amici al Savini in Galleria. Come tutte le bambine cresciute sotto il fascismo, Liliana Segre era una Piccola italiana. L’odio contro gli ebrei si materializzò nel 1938 con la promulgazione delle leggi razziali. Si cominciò a piccoli sorsi: limitazioni nel mondo del lavoro per il padre Alberto, il voltafaccia inatteso degli amici e infine l’espulsione da scuola per Liliana. «Mi restò per anni la sensazione di essere stata cacciata per aver commesso qualcosa di terribile, che in seguito tradussi dentro di me come “la colpa di essere nata”; perché altre colpe certo non ne avevo: ero una ragazzina come tutte le altre», le sue toccanti parole.

L’arresto a Selvetta di Viggiù all’età di 13 anni
Per paura, quando in Italia cominciò a tirare una brutta aria, il padre nascose la piccola Liliana presso degli amici, utilizzando documenti falsi. Il 10 settembre 1943 provò, assieme ad altri parenti, a fuggire a Lugano, in Svizzera. Purtroppo però i quattro furono respinti dalle autorità del paese elvetico: «La storia di questa fuga grottesca la racconto sempre, quando vado a testimoniare nelle scuole, perché sulle prime mi sentivo un’eroina, sui valichi dietro Varese. Era inverno e attraversavamo i boschi, io e mio papà: passavamo il confine come clandestini, come animali sulle montagne. Eravamo liberi, pieni di speranza. Ma arrivati di là, un ufficiale svizzero tedesco ci trattò come degli imbroglioni, come delle cose orribili che capitavano proprio a lui, e ci respinse, ci consegnò agli italiani, condannandoci a morte».

Liliana Segre venne deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di Auschwitz
A seguire Liliana Segre venne arrestata a Selvetta di Viggiù, in provincia di Varese, all’età di tredici anni. Restò nel carcere di Varese per sei giorni, fu trasferita a Como e infine a San Vittore a Milano, dove fu detenuta per quaranta giorni. Il 30 gennaio del 1944 Liliana Segre venne deportata dal binario 21 della stazione di Milano Centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Ci vollero sette giorni di viaggio prima che scoprisse con i suoi occhi l’incubo che l’attendeva. Venne subito separata dal padre, che non rivide mai più e che poi morì il 27 aprile 1944. Il 18 maggio del 1944 anche i suoi nonni paterni furono arrestati a Inverigo, in provincia di Como: dopo essere stati deportati ad Auschwitz morirono anche loro, uccisi nelle camere a gas il giorno stesso dell’arrivo, il 30 giugno 1944. Triste sorte che toccava in genere alle persone adulte ritenute non idonee alla vita del campo.
Le diedero il numero di matricola 75190
La piccola Liliana invece superò la prima selezione. Le diedero il numero di matricola 75190, che le venne tatuato sull’avambraccio sinistro. Ad Auschwitz, la 13enne venne messa per circa un anno ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union, che apparteneva alla Siemens. Alla fine di gennaio del 1945, dopo l’evacuazione del campo, affrontò la marcia della morte verso la Germania. La liberazione dal campo di Malchow, un sottocampo di Ravensbrück, arrivò il 1° maggio del 1945 grazie all’Armata Rossa. Secondo le stime ad Auschwitz arrivano 776 bambini italiani: Liliana Segre figura tra i 25 che riuscirono a tornare a casa. «Noi sopravvissuti siamo soprattutto il nostro numero. Prima del mio nome viene il mio numero: 75190. Perché non è tatuato sulla pelle, è impresso dentro di noi, vergogna per chi lo ha fatto, onore per chi lo porta non avendo mai fatto niente per prevaricare; essendo vivo per caso, come lo sono io», ha dichiarato la senatrice.
Liliana Segre oggi è la senatrice più anziana in carica
Dopo la guerra, Liliana Segre ha vissuto nelle Marche da alcuni zii. Nel 1948, mentre era in vacanza a Pesaro, ha conosciuto Alfredo Belli Paci, avvocato cattolico morto nel 2007. Già battezzata prima delle leggi razziali, la Segre ha sposato Paci con rito cattolico nel 1951. Dalla coppia sono nati i figli Alberto, Luciano e Federica. Dopo un lungo periodo di silenzio Liliana Segre ha cominciato a parlare nelle scuole della sua dolorosa esperienza. Ha ricevuto negli anni diversi riconoscimenti: il 2 febbraio 2021 l’Università di Pisa le ha conferito, ad esempio, la laurea magistrale honoris causa in “Scienze per la pace”. Dal 22 settembre 2023, data del decesso del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, è la più anziana senatrice e parlamentare in carica. Sulla nomina lei ha commentato: «Sento su di me l’enorme compito, la grave responsabilità di tentare di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell’oblio».
Recentemente, durante la presentazione delle iniziative per la Giornata della Memoria a Milano, nel gennaio 2023, la Segre ha avvertito: «Una come me ritiene che tra qualche anno» sulla Shoah «ci sarà una riga tra i libri di storia e poi più neanche quella». In quella stessa occasione la senatrice aveva detto con un velo di tristezza: «Le iniziative che possono venire da una vecchia come me a volte sono noiose per gli altri, questo lo capisco perfettamente, so cosa dice la gente del Giorno della Memoria. La gente già da anni dice, ‘basta con questi ebrei, che cosa noiosa’». Le manifestazioni ed eventi sulla Shoah non possono dirsi mai abbastanza. Il Comune di Milano, lo ricordiamo, ha posato tre pietre d’inciampo dedicate al padre e ai nonni di Liliana, Alberto e Giuseppe Segre e Olga Lovvy, davanti alla loro casa.
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Articolo pubblicato in origine su Urbanpost.it il 26 gennaio del 2024, aggiornato e rivisto oggi 23 gennaio 2025 per La Voce Nuova.





