Su «Il Corriere della Sera» l’intervista a Giusy Versace, senatrice, atleta paralimpica e conduttrice tv. La figlia di Alfredo Versace e cugina dei noti fratelli Donatella, Santo e Gianni Versace, ha ripercorso la sua vita, dall’infanzia all’adolescenza, per poi parlare della passione per lo sport, la rinascita dopo l’incidente. «Un mio sogno era fare il pilota di aerei. Però il corso, dopo il diploma, costava tantissimo e io in quel periodo avevo litigato con mio padre. Non ci siamo rivolti la parola per un anno, non potevo certo chiedergli i soldi», ha confidato Giusy Versace. Che bambina era? «Sono cresciuta con le Barbie e le macchinine, mio padre portava me e mio fratello a vedere le gare delle auto telecomandate. A 8 anni mi ha messa su un go-kart. Mentre le mie amiche la domenica sceglievano il pareo da abbinare al costume, io guardavo il Gran Premio in casa», ha dichiarato ad Elvira Serra.

Giusy Versace, la rinascita dopo l’incidente: “Scrivo ancora a chi mi ha salvata”
A segnare la sua adolescenza il divorzio dei genitori: «Oggi è una cosa comune, ma ai tempi no. A Reggio Calabria, io e mio fratello eravamo gli unici della scuola con i genitori separati», ha raccontato Giusy Versace. E il divorzio è servito ad unire ancor di più lei e il fratello: «Lui è la persona più importante per me, senza nulla togliere a mio padre e a mia madre. Per le sue fidanzate ero un incubo, a tutte facevo la radiografia. Oggi sta con una donna molto intelligente e rispettosa del nostro legame. Due anni e mezzo fa sono diventata zia dei gemelli Alfredo e Greta: mi hanno liberata da mamma che continuava a chiedere quando le facevo un nipote». Giusy Versace ha spiegato di non aver mai desiderato tanto avere un figlio: «Nemmeno Antonio, il mio compagno. Forse tra qualche anno me ne pentirò. Ma sono una donna di fede. E avendo visto la morte in faccia ho quasi paura di non avere tempo per fare tutto quello che vorrei». Con Antonio stanno insieme da 15 anni, anche lui ha perduto una gamba: «Non nego che questa cosa ci unisca. Mi ha corteggiato fino allo sfinimento. All’inizio non ne volevo sentir parlare: ma dove andiamo, che facciamo una gamba in due? Poi una mia amica mi ha fatto notare che lui non si poneva proprio il problema che io non avessi due gambe».

Orgogliosa dei tantissimi risultati raggiunti nonostante la doppia amputazione
Di matrimonio al momento non se ne parla, ma Antonio è importantissimo per Giusy Versace: «È l’autore della mia vita. Dietro tutte le mie esperienze più importanti c’è lui, che ha sempre mille idee e non le realizza. Poi quando ci riesco io non si ingelosisce, è felice». Il riferimento è «alla onlus Disabili No Limits, alla sfida dell’atletica, a Ballando con le stelle. Ogni volta mi ha spronata dicendo che avrei potuto mandare un messaggio di inclusione». La Versace si è detta orgogliosa dei risultati raggiunti: «Sono stata la prima donna italiana a correre con doppia amputazione, la prima concorrente con disabilità di Ballando, la prima disabile a fare il Volo dell’Aquila dal campanile di San Marco al Carnevale di Venezia. Ma forse la cosa di cui sono più orgogliosa è essere riuscita a guidare di nuovo dopo l’incidente. Adesso vado pure in scooter, ho preso la patente nautica e non escludo di prendere il brevetto per volare».

Giusy Versace, la rinascita dopo l’incidente: con il dolore ha imparato a convivere
Con il dolore ha imparato a convivere e le capita di non stare bene: «La sindrome dell’arto fantasma si manifesta quando, per esempio, sento prurito al polpaccio o il formicolio al piede, che non ho più. Il dolore dell’arto fantasma, invece, si presenta sotto forma di scosse elettriche. Certi giorni piango dal dolore, mi chiudo in casa e spengo il telefono». È ancora in contatto con Salvatore, l’operatore dell’Anas che si fermò a soccorrerla nel 2005 e Michele, il volontario del 118 che le tenne la mano fino all’arrivo dell’elisoccorso: «Il 22 agosto di ogni anno mando un messaggio con un cuore, una mia foto e un grazie a loro due e ai poliziotti che sono intervenuti». La Versace ha svelato anche cosa ha fatto coi soldi dell’incidente: «Nessun risarcimento mi restituirà le gambe. Quei soldi sono fermi per quando sarò vecchia. Ne ho usato una parte per fare del bene». Prima dell’incidente era una manager in carriera nel settore moda, ma non nell’azienda dei suoi cugini, Santo e Donatella: «Forse da piccola avrei desiderato lavorare con loro, ma poi sono stata felice di essermi affermata nello stesso campo da sola, con le mie forze. Anzi, chiamarmi Versace è stato più un problema, perché molte aziende temevano che volessi fare spionaggio e mi scartavano a priori».





