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Cosa succedeva ad Auschwitz, macchina della morte nazista

Il 27 gennaio 1945, ottant’anni fa, l’Armata Rossa sovietica giunse ad Auschwitz, liberando circa 7.000 prigionieri, che si trovavano nel campo di concentramento, ormai provati dalla fame, dalla fatica e dalle malattie. Tuttavia, nonostante la liberazione, un migliaio di questi prigionieri morì nelle settimane successive, a causa delle gravissime condizioni fisiche in cui versavano. Le SS, responsabili del lager, erano già fuggite portando con sé circa 60.000 prigionieri, destinati alle «marce della morte» verso l’ovest, e avevano cercato di cancellare ogni traccia dei crimini commessi. Auschwitz, negli anni precedenti, era diventato il simbolo della macchina della morte nazista, pensato per l’eliminazione degli ebrei. Anche se i registri furono distrutti, come si legge oggi su «Il Corriere della Sera», si stima che tra un milione e un milione e mezzo di persone, per la maggior parte ebrei, furono uccisi lì.

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Cosa succedeva ad Auschwitz, macchina della morte nazista

Nel 1940, nelle caserme asburgiche abbandonate vicino ad Oswiecim, una città polacca annessa al Terzo Reich, venne creato il campo di concentramento di Auschwitz, inizialmente destinato ai prigionieri politici. Il vero e proprio programma di sterminio cominciò però nel 1941, quando venne sperimentato per la prima volta l’uso del gas Zyklon B su prigionieri di guerra sovietici. Nel gennaio 1942, la Conferenza di Wannsee sancì l’inizio della “Soluzione finale”, un piano per l’eliminazione sistematica degli ebrei in Europa. Da quel momento, le deportazioni verso Auschwitz aumentarono in maniera significativa. Nel 1942, su ordine di Heinrich Himmler, Auschwitz venne notevolmente ampliato.

Le deportazioni e le condizioni di vita nei Lager

I prigionieri venivano deportati con treni merci, stipati in condizioni disumane: senza cibo, acqua o servizi igienici, sotto il sole d’estate o il gelo invernale. Il viaggio poteva durare giorni, durante i quali molti morivano. Giunti alla stazione di Auschwitz, i deportati venivano brutalmente separati: quelli considerati idonei al lavoro venivano inviati a destra, mentre i più deboli (anziani, bambini, malati) finivano a sinistra, destinati alle camere a gas. Il primo gruppo di ebrei fu ucciso nelle camere a gas di Auschwitz il 15 febbraio 1942 e i loro corpi vennero cremati. Inizialmente, i prigionieri venivano uccisi anche con iniezioni letali o a colpi d’arma da fuoco, ma presto il gas Zyklon B divenne il metodo principale. Le vittime venivano fatte entrare nelle “camere delle docce”, dove il gas veniva rilasciato, uccidendo rapidamente i prigionieri. Dopo la morte, i corpi venivano cremati e le persone del Sonderkommando, prigionieri costretti a lavorare nel crematorio, rimuovevano oro dai denti e tagliavano i capelli delle vittime.

La quarantena e la vita nel campo: cosa succedeva ad Auschwitz

I prigionieri che superavano la selezione all’arrivo venivano inviati nelle baracche di quarantena. Qui dovevano sottoporsi a docce fredde e venivano segnati con un numero di matricola tatuato sul braccio, che diventava il loro unico modo di essere identificati. Il periodo di quarantena durava tra le quattro e le otto settimane, durante le quali venivano sottoposti ad un intenso addestramento fisico. Al termine della quarantena, i prigionieri venivano trasferiti nel regime ordinario, dove le condizioni di vita erano pessime. Le baracche infatti erano sovraffollate, senza riscaldamento, con topi ovunque. Ogni mattina, alle 4:30, i prigionieri venivano radunati per l’appello, spesso sotto la pioggia o la neve, e solo verso le 8 venivano mandati a lavorare. Il cibo era scarsissimo e di bassa qualità: caffè o tè per colazione, una minestra per pranzo e un pezzo di pane nero per cena.

Lavoro forzato ed esperimenti

Oltre al lavoro forzato nelle fabbriche di Monowitz, i prigionieri venivano impiegati anche in altri impianti di lavoro esterni, come miniere, cementifici e acciaierie. Questi impieghi, sotto condizioni spaventose, portavano spesso alla morte. Inoltre, alcuni prigionieri erano sottoposti ad esperimenti medici disumani, condotti da medici nazisti come il famoso Josef Mengele. Mengele, noto per le sue esperimentazioni sui gemelli, non era l’unico a compiere orribili esperimenti. Altri medici, come Carl Clauberg e Horst Schumann, misero a punto metodi di sterilizzazione su prigionieri, tra cui l’iniezione di soluzioni chimiche nell’utero delle donne. La sorveglianza nel campo era estremamente rigida, con punizioni violente per chi non obbediva. I prigionieri venivano fustigati pubblicamente per motivare gli altri a non trasgredire. Chi cercava di fuggire veniva catturato, torturato e poi esibito pubblicamente, spesso con un cartello che diceva: «Evviva! Sono tornato». La pena finale per i fuggitivi era la morte per impiccagione. Auschwitz è stato uno dei luoghi più orribili della storia. La memoria di quanto accaduto deve rimanere viva affinché il mondo non dimentichi mai il prezzo umano pagato in quel luogo.

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