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Perché la solitudine è diventata un problema politico

Per molto tempo la solitudine è stata considerata un fatto privato, una dimensione intima dell’esperienza umana. Oggi, però, sociologi, psicologi e governi di diversi Paesi concordano su un punto: la solitudine non è più solo una condizione personale, ma un fenomeno sociale con conseguenze così diffuse da trasformarsi in una vera e propria questione politica. L’aumento delle persone che vivono sole, il declino delle reti comunitarie, la precarietà economica e la digitalizzazione dei rapporti hanno reso la solitudine una delle sfide pubbliche più urgenti del XXI secolo.

La crescita silenziosa della solitudine

In molti Paesi occidentali, Italia compresa, il numero di persone che vivono da sole è aumentato in modo significativo negli ultimi decenni. Secondo i dati ISTAT, oltre 8,4 milioni di italiani vivono da soli, una cifra in crescita costante. A questo si aggiunge un dato ancora più rilevante: non è solo la solitudine fisica a crescere, ma quella percepita. Si può vivere in una grande città, circondati da persone, e sentirsi comunque soli.

Il cambiamento dei modelli familiari, l’allungamento dell’aspettativa di vita, la mobilità lavorativa e l’individualismo culturale sono tutti fattori che contribuiscono a questo trend. Ma ciò che rende il fenomeno davvero politico è il suo impatto sulla salute, sull’economia e sulla coesione sociale.

La solitudine come rischio per la salute pubblica

Studi pubblicati sulle riviste The Lancet e American Journal of Public Health mostrano che la solitudine cronica può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, depressione, disturbi del sonno e perfino mortalità prematura. Alcuni ricercatori l’hanno paragonata, in termini di impatto sulla salute, agli effetti del fumo di 15 sigarette al giorno.

Questi effetti non riguardano solo il benessere personale, ma generano costi sanitari significativi: più visite mediche, più terapie, più farmaci, più ricoveri. Per questo diversi governi hanno iniziato a trattare la solitudine come un problema collettivo, da affrontare con politiche pubbliche.

Quando la solitudine diventa un problema economico

La solitudine ha anche un costo economico. Le persone isolate tendono a essere meno produttive, più soggette a burnout, più esposte a disoccupazione e precarietà. Le aziende e le amministrazioni pubbliche risentono di questo calo di benessere – e quindi di efficienza – dei lavoratori.

Inoltre, la solitudine riduce la partecipazione alla vita comunitaria, il volontariato, la creatività e la capacità di innovare. In una società sempre più complessa, perdere queste energie significa indebolire il tessuto sociale ed economico.

Dalla sfera privata alla strategia politica

Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno adottato iniziative politiche specifiche contro la solitudine. Il caso più noto è il Regno Unito, che nel 2018 ha istituito un Ministero della Solitudine per coordinare interventi pubblici, sostenere associazioni, rafforzare i servizi di comunità e sensibilizzare la popolazione.

Analogamente, il Giappone ha introdotto politiche di prevenzione contro l’isolamento sociale, con particolare attenzione agli anziani e ai giovani hikikomori. Anche in altri Paesi europei sono nati programmi di “cohesion building”, spazi condivisi, comunità di quartiere e reti di supporto.

Questi interventi riconoscono una realtà cruciale: la solitudine non è un difetto caratteriale, ma una condizione che emerge quando le strutture sociali non riescono più a garantire legami significativi.

Le cause sociali della solitudine contemporanea

La solitudine è alimentata da fattori profondamente legati all’organizzazione sociale:

Mobilità e precarietà

La necessità di spostarsi per lavoro e l’instabilità occupazionale rendono più difficile costruire relazioni durature.

Indebolimento delle comunità locali

I quartieri sono sempre meno luoghi di socialità spontanea e sempre più spazi di passaggio.

Digitalizzazione dei rapporti

Le connessioni online facilitano la comunicazione, ma non sempre la profondità emotiva.

Invecchiamento della popolazione

Sempre più anziani vivono da soli, spesso lontani dalle reti familiari.

Individualismo culturale

La società spinge verso l’autonomia totale, ma non offre strumenti per affrontare l’isolamento che ne deriva.

Questi fattori non possono essere risolti dal singolo individuo: richiedono strategie collettive e politiche mirate.

Perché i governi devono occuparsi della solitudine

Governare significa anche creare le condizioni affinché le persone possano vivere bene, non solo sopravvivere. La solitudine influisce su salute, economia, sicurezza, partecipazione civica e stabilità democratica.

Un cittadino isolato tende a fidarsi meno delle istituzioni, vota meno, partecipa meno alla vita collettiva. Al contrario, una società con legami forti è più resiliente, più sana e più capace di affrontare le crisi.

Politiche contro la solitudine possono includere:

  • spazi pubblici più vivibili
  • sostegno alle associazioni di quartiere
  • programmi di volontariato intergenerazionale
  • servizi domiciliari per anziani soli
  • progetti abitativi condivisi
  • iniziative culturali di comunità
  • educazione emotiva nelle scuole

Non si tratta di “fare compagnia” alle persone, ma di ricostruire le condizioni sociali per cui la solitudine non diventi una condanna.

Una domanda politica prima che personale

La solitudine è diventata un problema politico perché riguarda il modo in cui viviamo insieme. Non basta dire alle persone di “socializzare di più”: bisogna chiedersi quali strutture, quali politiche, quali relazioni la società offre. Se la solitudine cresce, non è un fallimento dell’individuo, ma un segnale che il tessuto sociale ha iniziato a sfilacciarsi.

La vera domanda, allora, è questa: siamo disposti a costruire una società che non lasci indietro chi resta solo?

Fonti e approfondimenti:

  • ISTAT, Condizioni di Vita e Benessere
  • The Lancet, Health Effects of Loneliness
  • American Journal of Public Health
  • Ministero della Solitudine del Regno Unito
  • Governo del Giappone, Policy on Social Isolation

Foto di Arthur Brognoli e Foto di Tomas Anunziata e Foto di Polina Sirotina