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Perché alcuni animali vedono al buio

Per noi esseri umani, la notte è un limite: al buio distinguiamo forme confuse, contorni incerti, movimenti appena percepibili.
Eppure, per molti animali, l’oscurità è il momento migliore per cacciare, orientarsi o evitare predatori.
Il motivo è semplice e affascinante: alcuni animali vedono al buio grazie a strutture oculari e adattamenti evolutivi che potenziano la sensibilità alla luce molto più di quanto possiamo immaginare.

Dai gatti ai gufi, dagli squali alle rane, la natura ha sviluppato strategie straordinarie per trasformare anche una minima quantità di luce in visione nitida.

L’occhio degli animali notturni: un capolavoro biologico

La vista notturna è il risultato di milioni di anni di evoluzione.
Gli animali che vivono o cacciano di notte hanno occhi progettati per catturare ogni singolo fotone disponibile.

Le differenze principali rispetto all’occhio umano sono tre:

  • pupille molto più grandi, capaci di far entrare più luce;
  • retina ricca di bastoncelli, i fotorecettori che percepiscono luminosità e movimento;
  • strutture riflettenti che “riciclano” la poca luce presente.

È grazie a questa combinazione che, mentre noi brancoliamo nel buio, loro vedono con sorprendente precisione.

Pupille speciali: la porta d’ingresso della luce

Molti animali notturni possiedono pupille che possono dilatarsi in modo estremo.
È un po’ come aprire completamente il diaframma di una fotocamera.

Pupille verticali (come nei gatti)

I gatti, i serpenti e molte specie di gechi hanno pupille verticali che:

  • si dilatano molto più delle nostre,
  • permettono una regolazione finissima della luce,
  • migliorano la percezione della profondità anche con illuminazione minima.

Questo spiega perché un gatto può vedere in condizioni di luce sei volte inferiori rispetto a un essere umano.

Pupille enormi (come nei gufi)

I gufi non possono muovere molto gli occhi, ma possiedono pupille gigantesche che catturano ogni segnale luminoso disponibile.
Il risultato è una vista notturna eccezionale, utile per individuare prede minuscole da grandi distanze.

La retina: quando i bastoncelli fanno la differenza

La retina è il “sensore” dell’occhio.
Al suo interno si trovano due tipi di cellule fotosensibili:

  • coni, che percepiscono i colori;
  • bastoncelli, che percepiscono la luce e il movimento.

Gli animali notturni hanno fino a 100 volte più bastoncelli rispetto agli esseri umani.
Questo li rende molto più sensibili:

  • ai movimenti rapidi,
  • ai contrasti leggeri,
  • alle sorgenti luminose deboli.

Il rovescio della medaglia? Molti vedono male i colori.
Ma nella notte, distinguere sfumature cromatiche non è altrettanto utile quanto seguire un movimento furtivo.

Il tapetum lucidum: lo specchio biologico che fa “brillare” gli occhi

Il tapetum lucidum è una delle invenzioni evolutive più brillanti — letteralmente.
Si tratta di uno strato riflettente posto dietro la retina che rimanda indietro la luce non assorbita, offrendo ai fotorecettori una “seconda possibilità”.

Grazie a questa struttura:

  • la sensibilità alla luce raddoppia,
  • gli animali vedono anche con illuminazione quasi nulla,
  • gli occhi brillano quando colpiti da una torcia.

È il motivo per cui occhi di gatto, volpe, cane o cervo sembrano illuminarsi nel buio dei boschi.

Chi possiede il tapetum lucidum?

  • Mammiferi notturni (gatti, cani, procioni, pipistrelli)
  • Pesci e squali
  • Alcuni rettili e anfibi

Gli esseri umani, invece, non ce l’hanno.

Visione ultravioletta: un “superpotere” nascosto

Alcuni animali non si limitano a vedere al buio: vedono spettri di luce invisibili a noi, come gli ultravioletti.

  • Le renne usano la visione UV per individuare predatori sul ghiaccio.
  • Alcuni uccelli notturni sfruttano la luce UV per orientarsi.
  • Molti insetti percepiscono pattern UV presenti su fiori e piante.

Sfruttare frequenze luminose alternative rende più facile trovare cibo e muoversi in ambienti complessi.

Il cervello fa la sua parte: elaborazione rapida dei segnali

La vista notturna non è solo questione di occhi, ma anche di cervello.
Gli animali notturni hanno sviluppato corteccie visive specializzate, capaci di:

  • amplificare segnali deboli,
  • filtrare rumore visivo,
  • riconoscere forme con pochissima informazione.

È un po’ come se avessero un software interno di “editing dell’immagine”, estremamente efficiente in condizioni di scarsa luminosità.

E gli animali che non hanno occhi?

Alcune creature che vivono sottoterra o nelle profondità marine hanno sviluppato strategie diverse:

  • serpenti come il pitone percepiscono il calore delle prede attraverso fossette termiche;
  • pesci abissali producono luce propria grazie alla bioluminescenza;
  • talpe e insetti sotterranei si orientano con tatto e vibrazioni.

La “visione” del buio non è sempre basata sulla luce: a volte è completamente alternativa.

Perché non vediamo al buio come loro?

La risposta è evolutiva.
Gli umani sono primati diurni: la nostra specie si è sviluppata alla luce del giorno, privilegiando:

  • la percezione dei colori,
  • la distinzione fine dei dettagli,
  • la visione stereoscopica.

In altre parole, la nostra vista è progettata per interpretare il mondo alla luce, non nell’oscurità.

Un mondo invisibile ai nostri occhi

Gli animali che vedono al buio non possiedono solo un vantaggio evolutivo: vivono in un universo visivo completamente diverso dal nostro.
L’oscurità, per loro, non è vuoto: è piena di forme, movimenti, segnali, contrasti e informazioni.

È un modo di percepire il mondo che ci ricorda quanto la natura sia ingegnosa nel trovare soluzioni a ogni sfida.

Forse la vera domanda non è perché gli animali vedano al buio, ma:
com’è la notte vista attraverso i loro occhi?

Fonti e approfondimenti:

  • National Eye Institute, Night Vision in Animals
  • Journal of Comparative Physiology, Retinal Adaptations in Nocturnal Species
  • Smithsonian National Zoo, Animal Vision Facts
  • Nature Communications, Tapetum Lucidum Research

Foto di Vera e Foto di Barnabas Davoti e Foto di Stephanie A.