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Le nuove povertà invisibili: chi sono e come vivono

In Italia, la povertà non è più soltanto quella che si vede per strada, nelle mense o sotto i portici. Oggi esiste una povertà diversa, più silenziosa e difficile da riconoscere, fatta di persone che lavorano ma non arrivano alla fine del mese, di famiglie che vivono ai margini senza apparire tali, di giovani istruiti ma senza prospettive.

Sono le cosiddette “nuove povertà invisibili”, un fenomeno in crescita che riguarda milioni di cittadini e che mette in discussione il modello economico e sociale del nostro tempo. Perché, come spiegano gli esperti, la povertà non è più solo mancanza di reddito: è assenza di sicurezza, diritti e possibilità di futuro.

La povertà che non si vede

Secondo l’ISTAT, nel 2024 oltre 5,7 milioni di italiani vivono in povertà assoluta, ma il numero di coloro che si trovano in una condizione di precarietà economica “sommersa” è molto più alto.

Si tratta di persone che non rientrano nelle statistiche ufficiali perché hanno un lavoro, una casa, un’apparente normalità, ma che ogni mese devono fare i conti con bollette, affitti e spese impreviste.

È la povertà dei lavoratori poveri, dei freelance sottopagati, dei giovani con contratti a termine, degli anziani soli con pensioni minime, delle madri separate che non riescono a sostenere i figli. Persone che non chiedono aiuto, spesso per pudore o per paura dello stigma, ma che vivono in equilibrio instabile tra dignità e rinuncia.

Quando avere un lavoro non basta più

Una delle novità più inquietanti del nostro tempo è che avere un lavoro non garantisce più di uscire dalla povertà.

Negli ultimi vent’anni, la precarizzazione del mercato del lavoro e l’aumento del costo della vita hanno prodotto una fascia crescente di “working poor”: lavoratori a tempo determinato, part-time involontario o autonomi con redditi bassissimi.

Secondo Eurostat, circa il 12% dei lavoratori italiani è a rischio povertà, nonostante un impiego stabile. A pesare sono salari fermi da decenni, inflazione, affitti alle stelle e spese essenziali — energia, trasporti, alimenti — sempre più difficili da sostenere.

La povertà, oggi, può nascondersi dietro un sorriso, un contratto o una scrivania. È la povertà che si veste bene ma rinuncia al dentista, che paga le bollette ma non accende il riscaldamento, che compra il pane ma non la carne.

Giovani poveri e senza prospettive

Tra i volti più emblematici delle nuove povertà ci sono i giovani.

L’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non si formano): quasi il 20% nella fascia tra i 15 e i 34 anni. Ma anche chi lavora spesso affronta stipendi bassi e prospettive incerte.

Molti ragazzi laureati vivono in affitto in stanze condivise, rimandano la creazione di una famiglia o il desiderio di un figlio, e si sentono bloccati in un limbo di precarietà. È una povertà psicologica oltre che materiale: la sensazione di non poter costruire nulla di stabile, di non contare abbastanza.

Non è un caso che gli studiosi parlino di “povertà di futuro”: non mancano solo i soldi, ma le opportunità e la fiducia nel domani.

Le donne e la povertà silenziosa

Un altro volto, spesso invisibile, è quello delle donne sole o con figli a carico.

La disparità salariale, la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia e la mancanza di servizi di sostegno fanno sì che molte donne si ritrovino in una condizione di vulnerabilità economica cronica.

Secondo il rapporto Save the Children 2024, il 65% dei genitori soli in Italia è una donna, e quasi la metà vive in condizioni di povertà relativa. Sono storie di madri che rinunciano a curarsi, di insegnanti precarie, di commesse che alternano lavori saltuari e sacrifici quotidiani.

Una povertà dignitosa ma invisibile, che si nasconde dietro la forza apparente e la capacità di arrangiarsi.

Gli anziani: soli e dimenticati

Le nuove povertà non risparmiano gli anziani, spesso rimasti soli dopo una vita di lavoro.

In molte città italiane, pensioni minime inferiori ai mille euro mensili non bastano a coprire affitto, cibo e medicine. Eppure, molti di loro non chiedono aiuto: vivono con orgoglio e silenzio, sostenuti solo da reti di vicinato o associazioni di volontariato.

Si parla sempre più spesso di povertà energetica: la difficoltà di mantenere la casa riscaldata o illuminata a causa dei costi dell’energia. Nel 2023, oltre 2,2 milioni di famiglie italiane hanno dichiarato di aver ridotto i consumi di gas e luce per ragioni economiche.

Sono povertà discrete, quasi invisibili, ma che pesano enormemente sulla qualità della vita e sulla salute.

Nuove forme di disagio: la povertà digitale e relazionale

Accanto alla povertà economica, oggi emergono forme di povertà immateriale che riflettono le trasformazioni della società.

C’è la povertà digitale, che riguarda chi non ha accesso o competenze per usare Internet, un limite che esclude da servizi, lavoro e partecipazione sociale.

E c’è la povertà relazionale, che colpisce chi vive in solitudine o senza reti di sostegno: persone isolate, anziani, ma anche giovani immersi in un mondo virtuale dove i contatti sono tanti ma le relazioni autentiche poche.

La povertà, dunque, non è più solo mancanza di mezzi, ma mancanza di connessioni e opportunità.

La dignità della normalità

Le nuove povertà sono invisibili perché spesso non corrispondono agli stereotipi. Non si vedono cartoni per strada o code interminabili alle mense, ma piccoli segni quotidiani: un frigorifero mezzo vuoto, una bolletta rimandata, un’uscita cancellata con una scusa.

Sono vite sospese, fatte di micro-rinunce e strategie di sopravvivenza silenziose. Eppure, dietro questa apparente normalità, c’è una sofferenza diffusa: quella di chi si sente solo nella fatica di restare a galla, senza sentirsi legittimato a chiedere aiuto.

È una povertà discreta, ma reale, che rischia di sfuggire a politiche pubbliche ancora troppo legate a categorie rigide e superate.

Le reti solidali che resistono

Nonostante tutto, l’Italia resta un Paese dove la solidarietà dal basso continua a fare la differenza.

Associazioni, parrocchie, volontari e centri di ascolto svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere chi vive queste forme di fragilità. Le mense sociali e i market solidali offrono non solo aiuti materiali, ma anche ascolto e dignità.

Sempre più comuni stanno sperimentando progetti innovativi: banche del tempo, cohousing solidale, microcredito etico e orti urbani per favorire inclusione e autonomia.

Sono piccole risposte a un problema grande, ma rappresentano un seme di speranza e di comunità.

La povertà del futuro

Le nuove povertà ci costringono a ripensare il concetto stesso di benessere.

Non basta più misurare la ricchezza in termini di PIL o di reddito medio: bisogna guardare alla qualità della vita, all’accesso all’istruzione, alla salute, alla casa, alle relazioni sociali.

La sfida dei prossimi anni sarà costruire una società in cui nessuno resti invisibile, in cui il benessere collettivo non dipenda solo dal consumo ma anche dalla giustizia sociale e dalla coesione.

Perché la povertà, oggi, non è solo una questione di mancanza: è una questione di sguardo. Riguarda la nostra capacità di vedere chi non si mostra, di ascoltare chi non parla, di riconoscere chi ogni giorno lotta in silenzio per restare dignitosamente a galla.

Foto di Nicola Barts e Foto di MART PRODUCTION e Foto di MART PRODUCTION