Non c’è madre o padre che non se lo sia chiesto almeno una volta, spesso centinaia: «Sono un bravo genitore?». Una domanda che non smette di tornare, perché la risposta non è mai definitiva. Esiste un criterio universale? Oppure dipende dal momento, dal carattere dei figli, dalle circostanze della vita?Secondo quanto racconta il Corriere della Sera, ad affrontare la “domanda delle domande” ci prova oggi Aliza Pressman, psicologa dello sviluppo, autrice di un seguitissimo podcast (Raising Good Humans) e del volume I 5 principi per essere genitori migliori (DeAgostini), bestseller internazionale del New York Times ora tradotto anche in Italia e disponibile dal 23 settembre.
Le cinque “R” della genitorialità
Pressman sintetizza il suo approccio in cinque parole chiave, le cosiddette “cinque R”: Relazioni (coltivare un legame profondo e stabile), Riflessione (riconoscere le proprie reazioni e comprendere i bisogni del bambino), Regolazione (gestire le emozioni per essere di sostegno nei momenti di stress), Regole (stabilire limiti chiari e coerenti) e Riparazione (accettare gli errori, imparare a riconoscerli e ricucire). «Non c’è una gerarchia. Sono principi universali e valgono per qualsiasi famiglia, in ogni parte del mondo, anche se il modo in cui si esprimono cambia a seconda della cultura», ha spiegato.
«Non esiste un solo modo di essere bravi genitori»
Pressman mette subito in guardia dalle ricette assolute: «Crescere figli obbliga chiunque a riflettere sulla parola “bravo”». La psicologia dello sviluppo si basa su ricerca scientifica, ma è una ricerca dinamica. Nel 1932 un opuscolo del governo americano invitava ad abituare i neonati al vasino, e nel 1962 il pediatra Walter Sackett raccomandava il caffè nero dai sei mesi. È chiaro che oggi nessuno lo farebbe». Per l’esperta, il vero errore è cercare certezze granitiche. «L’illusione della certezza assoluta ha un fascino incredibile, ma gli estremismi non sono sostenibili. Ogni famiglia è unica. Crescere un figlio non è una sfida che si vince o si perde: siamo tutti nella stessa squadra», ha evidenziato.
Il modello italiano
Alla domanda se conosca virtù e difetti dei genitori italiani, Pressman risponde senza esitazioni: «Non mi piace sottolineare i difetti, preferisco concentrarmi sulle virtù. Ammiro il vostro profondo legame con la famiglia e la comunità. E la cultura dei pasti insieme è un modo salutare per rafforzare le relazioni».
Riparare, la chiave per crescere
Tra i cinque principi, quello che l’autrice considera più rivoluzionario è la Riparazione. «Tutti noi viviamo momenti di discordia o di distacco. Sapere che esiste uno strumento come la riparazione è rassicurante e fondamentale per costruire un attaccamento sicuro. Significa che un errore o un’incomprensione non mettono in pericolo la relazione. Col tempo i bambini imparano a sentirsi al sicuro».
Temperamento e unicità
Un altro punto cruciale è il temperamento, che non dipende dall’educazione. «Ho due figlie, Penelope e Vivian. Una è estroversa e vitale, l’altra introversa e riflessiva. Sono cresciute nello stesso ambiente, ma con personalità diverse. Il temperamento ha radici genetiche, resta relativamente stabile e i genitori possono solo accompagnarlo».
Le sfide di oggi
Smartphone e stress sono le nuove frontiere. «Rimanderei il telefono il più a lungo possibile, e quando arriva servono regole: niente cellulari a letto o a tavola, limiti sui social. Ma bisogna lavorare con i ragazzi invece di accusare la tecnologia di tutto». La sfida principale, aggiunge, è «lo stress di dover fare tutto al 100% e la mancanza di sostegno sociale».
La definizione finale
Alla fine, cos’è un bravo genitore? Pressman non ha dubbi: «È chi trova un equilibrio tra connessione e confini, ha presente chi è suo figlio, conosce i propri valori e sa riparare quando qualcosa va storto». Non la perfezione, quindi, ma una forma di consapevolezza quotidiana.





