Sul «Il Corriere della Sera» l’intervista a monsignor Vincenzo De Gregorio, l’abate della Cappella del Tesoro di San Gennaro, custode da anni di uno dei misteri più affascinanti della fede partenopea, ossia la liquefazione del sangue del Patrono, di cui si parla anche in Parthenope, l’ultimo film di Paolo Sorrentino. Nella pellicola c’è una scena che ha fatto infuriare preti e benpensanti, quella girata tra la bellissima protagonista, vestita unicamente del Tesoro del Santo e il vescovo Tesorone.
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Amplesso in “Parthenope”, monsignor De Gregorio: “Visione folcloristica”
«Non ho visto Parthenope ma le scene che riguardano il miracolo mi sono state inviate. Siamo chiari: per me il problema non è il film, il guaio è quando noi preti ci mettiamo a fare i fanatici, ad alimentare fanatismi e feticismi. Meglio che non ci badino, perché come conseguenza dall’altra parte tutto si ingigantisce. Il fatto è che ne parliamo troppo secondo me e quindi facciamo esattamente il gioco degli altri, regalando pubblicità al film. Per me andava lasciato dove stava. E poi, ovviamente, la comunicazione amplifica tutto. Insomma se non ci fossero state tutte queste polemiche, ne staremmo parlando tanto?», ha dichiarato monsignor Vincenzo De Gregorio nell’intervista ad Elena Scarici.
Come giudica la scena di Parthenope? «A me sembra, per dirla in napoletano, che abbiamo messo ‘a pazziella‘n man’‘e criature’. Un fenomeno complesso come quello del prodigio di San Gennaro va studiato, documentato e invece mi pare che come al solito si colga solo l’aspetto più superficiale, eppure dietro quella liquefazione c’è molto altro, nessuno è venuto qui a chiedere informazioni. Quando vogliono spiegazioni sul prodigio, io dico a tutti: noi sappiamo che è sangue, però poi fornisco delle ragioni; per questo abbiamo dei motivi di credibilità e soprattutto di coerenza storica. Poi in genere, per quanto riguarda san Gennaro e la Chiesa, c’è superficialità, si trattano questi argomenti in maniera superficiale, anche molto folcloristica. Niente di più, niente di meno. Certo Sorrentino non aveva intenzione di fare un documentario, nè un’analisi approfondita, sociologica, storica di Napoli, ma semplicemente di analizzarne l’aspetto onirico, perché in fondo è tutto lì».

“I preti non badino al film e soprattutto non ne parlino”
La scena non è stata girata nel Duomo di Napoli, ma nella chiesa dei Girolamini: «Purtroppo noi non abbiamo nominato un rettore ai Girolamini. Alla Pietrasanta dove sono rettore volevano fare un rassegna cinematografica e io ho detto no, mi dispiace, non si può. La questione è molto chiara: nel momento in cui la chiesa dei Girolamini non è più nelle nostre competenze, rimane un luogo di culto, ma gestito da altri; per legge se fosse nominato un rettore si fa quello che dice il responsabile in tutte le sue dimensioni e per tutte le decisioni», ha spiegato l’abate della Cappella del Tesoro di San Gennaro, che ha poi aggiunto: «È una questione di buon gusto, potremmo dire. È come se in casa mia, nella mia camera da letto, a qualcuno venisse in mente di cucinare un uovo al tegamino, ma questa è una questione di buon gusto, è che ognuno dovrebbe fare le cose nei luoghi che ritiene idonei».





