Se n’è andato uno dei volti più emblematici del cinema neorealista italiano. Lo conoscevamo come il piccolo Bruno, il bambino che affianca il padre disperato per le strade di una Roma sfinita dalla guerra in Ladri di biciclette, capolavoro firmato da Vittorio De Sica nel 1948. Con il suo cappello calato sulla fronte e quello sguardo acuto, è diventato simbolo di un’infanzia segnata dalla povertà ma mai priva di dignità.
La notizia è arrivata oggi da Roma: l’attore che interpretò Bruno è morto a 85 anni. Si è spento stamattina nella città dove era nato e dove aveva vissuto per tutta la vita, lontano dai riflettori che lo avevano reso celebre a soli nove anni. Il suo nome è rimasto legato indissolubilmente a quel film, considerato tra i più grandi del cinema mondiale, vincitore nel 1950 dell’Oscar come miglior film straniero.
Il suo nome era Enzo Staiola, romano, classe 1939. Non era un attore professionista: fu scelto da De Sica per caso, dopo essere stato notato in strada. Colpito dalla sua naturalezza, il regista gli affidò senza esitazioni il ruolo di Bruno, il figlio del disoccupato Antonio Ricci (interpretato da Lamberto Maggiorani). Il film conquistò la critica internazionale e fece scuola. Lui, con quegli occhi grandi e pieni di domande, divenne il volto tenero e tragico del dopoguerra italiano.
Dopo quel debutto folgorante, Staiola recitò in altri film, tra cui Cuori senza frontiere di Luigi Zampa e La contessa scalza di Joseph L. Mankiewicz, dove si ritrovò sul set con star del calibro di Humphrey Bogart e Ava Gardner. Ma la carriera nel cinema non lo convinse del tutto. Decise di lasciare il set e di dedicarsi a una vita più semplice e riservata. Divenne insegnante di matematica e lavorò come impiegato al catasto di Roma. Una sola eccezione: una breve apparizione nel 1977 nel film La ragazza dal pigiama giallo di Flavio Mogherini.

Il suo Bruno è rimasto una delle figure più toccanti del cinema italiano. Con pochissime battute e una presenza silenziosa ma intensissima, rappresentava un’intera generazione di bambini cresciuti troppo in fretta. Figlio dell’Italia ferita, testimone dell’amore filiale e del dolore condiviso, Bruno era insieme fragile e resistente, tenero ma consapevole. La sua camminata accanto al padre, attraverso una Roma grigia e spoglia, resta una delle immagini più struggenti mai viste sul grande schermo.
La morte di Enzo Staiola chiude il capitolo di una stagione irripetibile del nostro cinema. Il neorealismo non fu solo un genere: fu una dichiarazione di verità, uno sguardo senza filtri sull’Italia del dopoguerra. E Staiola, inconsapevolmente, ne fu uno degli interpreti più autentici. Oggi che il mondo del cinema lo saluta, resta il ricordo di un bambino che ha saputo raccontare, con uno sguardo, più di mille parole.





