Dopo mesi di sangue e devastazione, un barlume di tregua sembra profilarsi all’orizzonte del conflitto tra Israele e Hamas. A dichiararlo è stato Taher al-Nunu, esponente di spicco del movimento islamista, in dichiarazioni riportate dal Times of Israel: «Hamas è pronto e serio sul raggiungimento di un accordo per un cessate il fuoco». Il messaggio è stato diffuso poche ore dopo l’annuncio del presidente statunitense Donald Trump, che ha parlato di un’intesa raggiunta con Israele per una tregua di sessanta giorni nella Striscia di Gaza. Secondo al-Nunu, il gruppo è pronto ad accogliere «qualsiasi iniziativa che porti chiaramente alla fine completa della guerra».
Trump: “Israele ha accettato la tregua di 60 giorni”
L’annuncio è arrivato direttamente dalla Casa Bianca. Donald Trump ha reso noto che Israele ha accettato le condizioni necessarie per finalizzare una tregua temporanea. «I miei rappresentanti hanno avuto un lungo e produttivo incontro con gli israeliani su Gaza», ha dichiarato il presidente Usa, «Israele ha accettato il cessate il fuoco di 60 giorni, durante il quale lavoreremo con tutte le parti per porre fine alla guerra». Una mossa che, se confermata e rispettata da entrambe le parti, potrebbe rappresentare la prima vera finestra diplomatica dopo mesi di ostilità. Ma i dubbi restano, sia sul fronte interno israeliano che tra le fila palestinesi, dove la fiducia nelle mediazioni americane è ridotta ai minimi storici.
Netanyahu atteso a Washington: sul tavolo Gaza e Iran
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu sarà la prossima settimana a Washington per un incontro ufficiale con il presidente Trump. Oltre al capo della Casa Bianca, Netanyahu incontrerà anche il vicepresidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, il segretario alla Difesa Pete Hegseth, l’inviato speciale Steve Witkoff e il segretario al Commercio Howard Lutnick. In una dichiarazione pubblica, Netanyahu ha commentato: «Questi incontri arrivano sull’onda della grande vittoria ottenuta con l’operazione ‘Rising Lion’. Sfruttare questo successo non è meno importante di raggiungerlo». Trump, dal canto suo, ha sottolineato che tra i temi dell’agenda con Netanyahu ci sarà Gaza, ma anche l’attacco recente contro l’Iran. «Parleremo del grande, incredibile successo raggiunto in Iran. È stato un attacco di precisione. Ora si può usare il termine ‘annientamento’», ha detto il presidente, riferendosi al presunto colpo inferto a un sito chiave del programma nucleare iraniano.
A Gaza si continua a morire: 81 vittime in un solo giorno
Intanto, mentre si discute di trattative e tregue, sul terreno la guerra non si è fermata. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti sanitarie locali, nella giornata di ieri si contano almeno 81 morti nella Striscia di Gaza. Si tratta per lo più di civili, molti dei quali colpiti in attacchi aerei che hanno coinvolto zone residenziali e aree densamente popolate. Le strutture ospedaliere dell’enclave palestinese, già al collasso da settimane, continuano a lanciare l’allarme: mancano medicinali, carburante, acqua potabile e posti letto.
Uno spiraglio fragile tra macerie e diffidenza
La possibilità di un cessate il fuoco di due mesi rappresenta certamente una novità significativa, ma nulla è ancora scritto. La storia recente dimostra che ogni tregua tra Israele e Hamas è una corda tesa tra diplomazia e retorica bellica, e basta poco per farla spezzare. La disponibilità di Hamas ad accettare “qualsiasi iniziativa” che porti a una fine della guerra sarà ora messa alla prova dai fatti, così come l’impegno americano a trasformare una tregua temporanea in un percorso politico duraturo. Resta però l’amara certezza che ogni giorno che passa senza una soluzione stabile, comporta altre vittime e ulteriore devastazione. La partita diplomatica si è riaperta. Ma per chi vive sotto le bombe, la speranza ha ancora il suono delle sirene d’allarme.





