Nella complessa rete di relazioni che ruotavano attorno alla villetta dei Poggi, scenario del tragico omicidio di Chiara, spunta anche il nome di Alessandro Biasibetti, oggi frate domenicano, ma all’epoca dei fatti poco più che un adolescente. La sua figura è riemersa nel nuovo filone d’indagine sul delitto di Garlasco, uno dei casi più discussi della cronaca nera italiana degli ultimi vent’anni.
Biasibetti faceva parte della comitiva che gravitava attorno a Marco Poggi, fratello della vittima, e comprendeva anche altri nomi già noti agli inquirenti come Andrea Sempio, Roberto Freddi e Mattia Capra. È un pezzo di puzzle che i magistrati stanno tentando di rimettere insieme attraverso un nuovo maxi-incidente probatorio che prevede, tra le altre cose, l’acquisizione e l’analisi del DNA di tutti i frequentatori abituali della villetta di via Pascoli.
Un legame di lunga data con l’ambiente dei Poggi
Nato e cresciuto a Vigevano, Alessandro Biasibetti ha da sempre avuto un forte legame con l’ambiente cattolico. Dopo gli studi al liceo e un percorso universitario a Pavia, ha abbracciato la vita religiosa, prendendo i voti nel 2020. Ma ben prima di diventare frate, era un volto familiare nella cerchia frequentata da Marco Poggi, con il quale condivideva un’amicizia d’infanzia. All’epoca dell’omicidio, Biasibetti era sentimentalmente legato ad Angela Taccia, allora diciassettenne, oggi avvocata e, ironia della sorte, attuale difensore di Andrea Sempio, altro nome centrale nel nuovo sviluppo investigativo.
Una conoscenza superficiale con Alberto Stasi
Un altro dettaglio emerso dagli atti è la conoscenza, seppur marginale, con Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara Poggi e protagonista di un lungo iter giudiziario che lo ha visto prima assolto e poi condannato. Biasibetti, infatti, faceva parte degli animatori dell’oratorio che lo stesso Stasi frequentava da bambino. Un legame indiretto, certo, ma che gli inquirenti vogliono riesaminare per chiarire tutti i punti rimasti in ombra.
Ritorno agli interrogatori e analisi del DNA
Nel corso del 2008, un anno dopo il delitto, Biasibetti fu ascoltato per la prima volta. Ora, a distanza di 18 anni, la procura di Pavia ha deciso di convocarlo di nuovo. Lo scopo è ricostruire con maggior precisione il gruppo di giovani che ruotava attorno alla famiglia Poggi. Durante l’interrogatorio, il frate ha confermato di non avere avuto contatti diretti con Chiara o con il suo giro di amici, sottolineando come la differenza d’età rendesse improbabile una frequentazione stretta. Tuttavia, ha ammesso di essere stato spesso presente nella villetta di via Pascoli, dove arrivava in bicicletta. Un dettaglio, quest’ultimo, che richiama alla memoria le tante speculazioni fatte all’epoca su una bici nera da donna, elemento discusso a lungo nel corso delle indagini.
È importante sottolineare che Biasibetti non è mai stato sospettato formalmente: il 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio, si trovava infatti in vacanza in Trentino insieme alla famiglia Poggi, impegnata come ogni anno in un soggiorno estivo a cui Chiara non aveva voluto partecipare. Lei era rimasta a Garlasco, così come il fidanzato Alberto, per lavorare alla tesi di laurea.
L’ombra delle impronte e l’importanza del confronto biologico
Uno degli elementi che potrebbe rivelarsi determinante nel nuovo procedimento è la presenza di quattro impronte digitali sul pigiama della vittima, mai attribuite con certezza. Ed è proprio per cercare una corrispondenza che il pool investigativo ha deciso di avviare una massiccia raccolta di campioni biologici, da confrontare nel contesto del maxi-incidente probatorio. Tra questi, anche il DNA di Alessandro Biasibetti, che sarà prelevato il mese prossimo. L’ipotesi degli inquirenti è che la villetta fosse frequentata da un numero maggiore di persone rispetto a quanto dichiarato inizialmente. Tracce lasciate da amici, conoscenti o semplici visitatori potrebbero finalmente trovare una collocazione certa, aiutando a fare chiarezza su frammenti di verità mai del tutto spiegati.
Un tassello che può fare luce
La riemersione del nome di Biasibetti, oggi uomo di fede ma un tempo semplice ragazzo in una compagnia di provincia, ci ricorda quanto sia complesso separare i destini personali dai grandi eventi giudiziari. Il suo contributo, per quanto limitato, potrebbe rivelarsi importante in una vicenda che ancora oggi lascia aperti molti interrogativi e poche certezze.





