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“Sara nel mondo di stoffa”: fiaba noir e cuciture d’autore per Simone Ardovini

Immaginate di svegliarvi in un mondo cucito con ago e filo. Non un sogno, un incubo che profuma di fiaba. In Sara nel mondo di stoffa, esordio narrativo di Simone Ardovini, una ragazzina di tredici anni apre gli occhi in un universo fatto interamente di tessuto, non ricorda come sia arrivata lì, né se potrà mai tornare a casa. Determinata a ritrovare la sua famiglia sulla Terra, Sara intraprende un viaggio rischioso, accettando l’aiuto del deforme Oirai e di due sconosciuti senza memoria che affermano di essere umani come lei. Attraversano metropoli frenetiche infestate da mostri e oscuri abissi che celano orrori inimmaginabili, sotto lo sguardo di un’entità misteriosa. 

Il mondo che Ardovini costruisce ha la consistenza visionaria di certi racconti noir e la malinconia concreta delle pagine migliori della letteratura fantastica. Max Gobbo, autore di opere come L’occhio di Krishna (2017) e Lo chiamavano Jack Pitone (2019), che firma l’introduzione del libro, riconosce nel giovane autore un talento capace di ibridare fiaba e weird con una certa sicurezza. Il romanzo fa pensare alle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, ma con un’estetica del tessuto che ricorda più un dipinto di Miró o un’allucinazione alla Max Ernst. Chi scrive strizza l’occhio alle inquietudini metafisiche di Giorgio De Chirico, si pensi al capolavoro Le muse inquietanti, e alle situazioni claustrofobiche di Dino Buzzati, autore di racconti angoscianti come I sette messaggeri. A colpire è soprattutto la stoffa personale dell’immaginario di Simone Ardovini: questo universo imbottito di paure infantili e speranze cucite con ago e filo, che evoca pure certe atmosfere di Neil Gaiman, o il nonsense inquieto quanto sofisticato di Tommaso Landolfi. 

Il romanzo funziona su due livelli: i più giovani troveranno una storia avventurosa, ritmata, accessibile; i lettori adulti, invece, potranno indugiare su sottotesti più profondi, come la perdita dell’identità, il corpo come prigione, la memoria come atto di resistenza. Il vero nodo (è il caso di dirlo) è proprio qui: la piccola Sara è una creatura smarrita in una realtà che sembra cucita apposta per confonderla. Eppure, è il suo sguardo a tenerci ancorati, pagina dopo pagina. Chi sarà disposto a tuffarsi nel libro scoprirà che la stoffa, in fondo, è anche metafora della vita: fragile, complessa, a volte un po’ sfilacciata, ma irrimediabilmente preziosa. 

A metà tra sogno e delirio, Sara nel Mondo di Stoffa è un piccolo romanzo che si muove su un filo doppio: quello, letteralmente, di un mondo imbottito, trapuntato, rattoppato e quello del linguaggio, che tenta una ricucitura tra fiaba e realismo magico. Nella narrativa di Simone Ardovini, proprio come nella tela di Penelope, c’è qualcosa che si disfa e si rifà tra le pagine: uno slancio immaginativo sincero e la voglia di costruire un universo simbolico senza cinismo

Inutile girarci intorno: Sara nel mondo di stoffa è un esordio sorprendente per coraggio creativo. Merita una menzione speciale anche la casa editrice Psiche e Aurora, che già nel nome evoca un incontro tra profondità e luce. Il suo progetto è laterale, ambizioso, e sembra voler dare spazio a narrazioni che non si piegano alle logiche della somiglianza. In un momento in cui l’editoria corre dietro al marketing più che alla letteratura, è un segnale da registrare con attenzione. Non è facile trovare oggi editori capaci di rischiare, non è scontato che si dia voce ad autori in grado di cucire con le parole mondi che non avevamo mai visto e che forse avevamo bisogno di immaginare.