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Isabel Allende torna in libreria: “Le donne unite sono invincibili”

Una giovane scrittrice ribelle, la fine dell’Ottocento, un continente attraversato da rivoluzioni e speranze: si chiama Emilia del Valle ed è la nuova indimenticabile protagonista di Isabel Allende. Il romanzo, pubblicato da Feltrinelli con la traduzione di Elena Liverani, s’intitola Il mio nome è Emilia del Valle (pp. 315, euro 22) e segna il ritorno dell’autrice alla famiglia del Valle, che i lettori hanno conosciuto per la prima volta in La casa degli spiriti.

Donne contro il patriarcato

«Alla fine del XIX secolo le donne avevano pochissime possibilità di scelta. Ma quelle che hanno osato sfidare il patriarcato sono sempre riuscite a ottenere molto di più di quanto le circostanze permettessero», racconta Isabel Allende, 82 anni portati con ironia e una carica instancabile, a poche ore dalla presentazione del libro a Roma. «Oggi c’è un movimento femminista che cerca di ridare voce a quelle donne dimenticate. Ma i diritti si possono perdere in un attimo: in Afghanistan le donne li hanno visti svanire in 24 ore, e negli Stati Uniti la Corte Suprema ha cancellato il diritto all’aborto. Per questo dico alle giovani: siate vigili, siate unite. Una donna sola è vulnerabile. Insieme siamo invincibili», sottolinea l’autrice, mostrando con un sorriso l’anello a forma di serpente che porta all’indice sinistro. «Il mio portafortuna», ha sussurrato ai microfoni dell’Ansa.

Una scrittrice mascherata da uomo

Emilia, figlia di una donna irlandese rimasta incinta dopo una breve relazione con un aristocratico cileno, cresce a San Francisco, in un quartiere di immigrati. È lì che scopre la sua passione per i romanzetti western e d’avventura. A soli 17 anni, comincia a scrivere sotto uno pseudonimo maschile. «La famiglia del Valle è in parte inventata, ma si ispira a quella di mia nonna materna. Un universo abitato da lunatici meravigliosi, che tornano nei miei libri anche quando non li chiamo», la confessione della scrittrice. E cita una scena del romanzo: «Una ballerina dice a Emilia: “Sono una donna cattiva”. E lei risponde: “Allora voglio esserlo anch’io”. Perché le donne buone non appaiono da nessuna parte. Solo le cattive riescono a cambiare le cose».

Il ritorno in Cile

Convinta dal suo talento e dalla sua determinazione, Emilia riesce a farsi inviare in Cile, nel pieno della guerra civile, come inviata del suo giornale. In quel viaggio affronterà la morte, scoprirà l’amore, incontrerà Paolina del Valle (già nota ai fan della saga), Eric, e perfino il padre biologico, che le lascerà in eredità un piccolo terreno nel sud del Paese. «Non sono nata in Cile, ci ho vissuto poco, ma è lì che sento le mie radici più profonde. Quel paesaggio per me è tutto», dice Allende, che non dimentica le sue origini: nipote del presidente Salvador Allende, è nata a Lima nel 1942, cresciuta in Cile fino al golpe di Pinochet. Da allora ha vissuto tra Venezuela e Stati Uniti, dove risiede ancora oggi.

«La democrazia è minacciata, anche in America»

«La democrazia oggi è fragile, anche negli Stati Uniti. I cittadini americani non sanno cosa significhi vivere sotto un regime autoritario» avverte, commentando con parole durissime anche la situazione a Gaza: «Non si vuole usare il termine genocidio, ma quello che sta accadendo ci si avvicina pericolosamente». E sull’immigrazione, tema che conosce bene: «Non ci sono frontiere per nulla, tranne che per l’essere umano». Dal 1981, ogni 8 gennaio Isabel Allende si siede alla scrivania per iniziare un nuovo romanzo. «Per disciplina, ma anche per superstizione. L’8 gennaio del 1981 ricevetti una telefonata che mi diceva che mio nonno stava morendo. Quel giorno iniziai a scrivergli una lettera. Quella lettera è diventata La casa degli spiriti», la confessione. Sorride, e chiude con una frase che dice tutto: «La scrittura mi ha definito. È il mio universo. È l’unica cosa che so fare. Quello che non scrivo, lo dimentico».