Chi l’ha detto che la filosofia deve abitare solo nelle biblioteche polverose o nei salotti accademici? A smentire questo pregiudizio arriva una lettura sorprendente e dissacrante: I Simpson e la filosofia, un libro cult che torna in libreria in una nuova edizione italiana. Pubblicata per la prima volta in inglese nel 2001, questa raccolta di saggi curata da William Irwin, Mark T. Conard e Aeon J. Skoble propone un esperimento ardito ma riuscitissimo: esplorare le grandi domande della filosofia partendo da Homer, Bart e compagnia gialla.
Più Aristotele, meno ciambelle (forse)
Il punto non è semplicemente scovare riferimenti colti all’interno della sitcom animata più longeva della storia. L’operazione è più sottile (e più ambiziosa): I Simpson e la filosofia utilizza i personaggi e le dinamiche della serie come grimaldelli narrativi per avvicinare il lettore a concetti complessi, dal senso della giustizia alla natura del bene, passando per la teoria delle virtù. In questo universo pop e surreale, Homer Simpson diventa il protagonista perfetto per riflettere su Aristotele e l’etica della moderazione. E se Maggie tace come un piccolo Buddha, Bart ruggisce come un adolescente nietzschiano in cerca di volontà di potenza. I saggi, diciotto in tutto, offrono così un ponte fra cultura alta e cultura pop, unendo due mondi che raramente si parlano.
Una famiglia americana, un laboratorio etico
Il volume si struttura in quattro sezioni, ognuna delle quali affronta un tema centrale della serie: la visione del mondo, l’etica familiare, l’analisi dei personaggi e il confronto diretto con grandi pensatori della storia. Un esempio su tutti? Ned Flanders letto come incarnazione (al limite della caricatura) della morale cristiana, tra predestinazione calvinista e compassione evangelica. O ancora Lisa Simpson, la voce della coscienza razionale, simbolo perfetto di un’etica kantiana in salsa sax. Il testo non pretende di essere un trattato sistematico, né tantomeno un’opera di erudizione fine a sé stessa. Al contrario, il suo pregio sta nel rendere accessibile la filosofia, senza svilirla. Gli autori non semplificano, ma traducono, grazie all’uso intelligente dell’immaginario collettivo.

Un cartone animato come specchio della modernità
La nuova edizione italiana arriva in un momento in cui la serie creata da Matt Groening ha superato le 36 stagioni e continua a rappresentare, a suo modo, uno specchio deformante ma lucidissimo del nostro tempo. Ecco perché tornare a riflettere sul valore filosofico di I Simpson non è un esercizio bizzarro, ma un’occasione per ripensare anche il nostro modo di guardare alla cultura pop. Dietro ogni gag, ogni tormentone, ogni improbabile catastrofe di Springfield, si nasconde un piccolo esperimento antropologico. E se a guidarci nella comprensione del mondo non sono più solo Platone e Hegel, ma anche Moe Szyslak o il Professor Frink, forse è segno che la filosofia è finalmente scesa dal piedistallo.
Una guida insolita al pensiero occidentale
Il libro diventa così un compendio informale ma efficace del pensiero filosofico occidentale. Roland Barthes e Ferdinand de Saussure sarebbero probabilmente affascinati dall’universo simbolico dei Simpson, dove ogni gesto e parola è potenzialmente un segno. Ma anche Marx, Locke, Mill e perfino il vecchio Socrate trovano spazio nella riflessione collettiva dei curatori, che riescono a tenere insieme ironia e profondità, leggerezza e rigore. In definitiva, I Simpson e la filosofia è un invito a pensare senza prendersi troppo sul serio, a ridere con intelligenza, a scoprire che la filosofia non ha bisogno di templi, perché può abitare anche in una tavola calda di Springfield.





