Una casa sull’albero con 104 piani, traboccante di invenzioni assurde, personaggi strampalati e situazioni al limite del delirio. Non è un sogno ad occhi aperti, ma il mondo in cui vivono Andy e Terry, i protagonisti e autori della fortunatissima serie per ragazzi La Casa sull’Albero, pubblicata in Italia da Salani. Andy Griffiths, la penna dietro le avventure, e Terry Denton, il braccio illustratore, sono una delle coppie creative più amate dai giovani lettori. L’ottavo volume della saga è appena uscito, e Andy ha raccontato a Focus Junior come si sopravvive (e si scrive) lassù, tra rami e fantasia.
“Soffro di vertigini” confessa, ironico, quando gli si chiede come sia vivere in una casa sull’albero. Poi si fa più serio, ma non troppo, e racconta che, tra tutti i personaggi, il suo preferito resta… sé stesso: “Andy, quello che nei libri scrive, come me. Anche se mi diverte molto il Professor Stupid, il genio delle invenzioni inutili”. A proposito di tempo perso, confessa: “Mi piace ascoltare musica, ma non lo considero tempo sprecato. È un modo per alimentare la fantasia e, di riflesso, le storie che scrivo”.
Accanto alla serie della casa sull’albero, Andy ha firmato Avventure Infinite – La Terra delle Cose Perdute, sempre per Salani, con le illustrazioni di Bill Hope. Un viaggio bizzarro tra calzini parlanti, lumache magiche, pirati, tartarughe azzannatrici e macchine da spia super tecnologiche. Tutto nasce dalla ricerca di una zampa di coniglio portafortuna perduta. “Adoro gli oggetti strani, anche se fanno un po’ schifo o paura. Ne colleziono molti. La vita non è sempre carina: basta pensare a Hänsel e Gretel, che in fondo è una storia da film horror”, ha confessato. I suoi incubi peggiori? “I ragni, sempre loro”. Il suo libro preferito da piccolo? “Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, ovviamente”.
Quando gli si chiede cosa risponderebbe ai ragazzi convinti che leggere sia noioso, la reazione è netta: “Si sbagliano di grosso. Leggere significa entrare in una storia e farla propria, è un atto creativo, non passivo”. E a chi lo accusa di scrivere libri irriverenti o politicamente scorretti, risponde che il vero obiettivo è un altro: “Insegnare il valore dell’immaginazione. Sognare cose impossibili, e non avere paura di esagerare”. Griffiths non nega di avere dei limiti: “Me li impongono la mia esperienza da insegnante e mia moglie Jill, che rivede tutto prima della pubblicazione. Non voglio mai scrivere qualcosa che possa ferire qualcuno”. Nei suoi libri non c’è morale in senso classico, ma qualcosa di simile: “Un senso di giustizia. I personaggi che si comportano male, prima o poi, ne pagano le conseguenze”.
A scuola, ammette, non era uno studente modello, ma “scrivevo e disegnavo storie che facevano ridere i miei compagni. Era il mio modo di stare al mondo”. Il consiglio per chi vuole diventare scrittore? “Scrivete ogni giorno, anche solo una pagina. Io ho sempre con me un quaderno dove appunto qualsiasi cosa mi venga in mente. E leggete il più possibile”. Come si comincia a scrivere una storia? “Partite da un’idea folle, poi trovate una soluzione logica. Tipo: la maestra si è trasformata in un cane e abbaia in classe. Tu cosa faresti?”. Scrivere sciocchezze non basta, avverte, serve anche dare ordine al caos. “La struttura si impara con il tempo. Ma tutto nasce dal lasciare libera la fantasia”, ha concluso.





